Ho dimenticato lo zaino con il necessario per la palestra dentro l’auto, parcheggiata vicino all’autostrada.
Esco alle due, dopo un’interminabile riunione, prendo la bici (rossa, a scatto fisso. Meravigliosa) e schizzo a recuperare il predetto zaino.
Al ritorno, spinto dalla fame, entro in un povero ritrovo di pizzakebabcucinaitaloturca.
Il padrone è gentile, non ha pizza disponibile, ma me ne farà una piccola in – dice – tre minuti.
Mi siedo, l’ambiente ricorda davvero un piccolo caffè turco (bè, di Istanbul, l’unica Turchia che ho visto): un narghilè, un giornale in lingua incomprensibile, immagini sgualcite di città con minareti dorati, apparecchiatura molto essenziale.
Entra un ragazzo scuro con appesa al collo una minuscola quattrenne dagli incongrui occhi azzurri.
Ordina qualcosa di strano, boh e parla, concitato e arrabbiato, con il padrone (io faccio finta di essere immerso nella lettura del Corriere della Sera di sabato scorso)
La bambina mi guarda, io le sorrido brevemente, lei distoglie lo sguardo, mi riguarda, risorrido, ridistoglie lo sguardo, mi alzo e le do un forte schiaffone (no, non è vero), resto invece seduto e lei mi sorride e mi chiede cosa bevo. Thè freddo, rispondo. È buono, chiede. Abbastanza, rispondo. Lo voglio anche io, afferma. Il papà la richiama, torvo.
Finisco la pizzetta, senza infamia e senza lode, pago, mi aggiisto la cravatta e prendo la bici.
Torno in ufficio.
tre minuti?
RispondiEliminasaranno stati almeno tre volte tanti, spero
ciao cinas
yban, no. cinque, al massimo. infatti era un po' crudina.
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